L’ Antonia

Apr 19, 2021 | Recensioni Emotive

L’idea alla base di questo libro è quello di creare un dialogo tra le poesie, le lettere e le foto di Antonia Pozzi e il commento di Paolo Cognetti, rimettendo in circolo parole ed immagini per ritrovarne un senso nuovo.

Per me è il bingo completo: amo le biografie, amo riconoscere le atmosfere narrate attraverso le immagini, amo i punti di vista diversi, amo la poesia.

Antonia è una giovane poetessa, vissuta tra le due guerre, riscoperta postuma. Il punto in comune tra i due interlocutori immaginari è l’amore per le montagne e le scalate.
In una giornata di orribile mal di testa e forze a zero l’ho letto tutto d’un fiato. E ho pianto pianto pianto, un continuo piangere a ruscello di montagna (ok mettiamoci anche un po’ di sbalzo ormonale…).
Cosa sapevo prima dell’Antonia? Alcuni post su facebook in cui si parlava di una giovane donna dell’alta borghesia milanese, tarpata da un padre oppressivo, non capìta dalla famiglia per la sua modernità che, molto giovane, si suicida. Successiva distruzione da parte del padre di tutto quello che poteva essere compromettente. Il mio blocco sul tema del suicidio è sempre molto forte: preferisco non leggere storie che ne parlano. Ma in questo caso il libro mi è stato consigliato all’interno di un percorso di lettura di gruppo e quindi, sapendo di non essere sola e di avere alla fine una condivisione, sono riuscita ad accettarlo di buon grado.

Cosa mi colpiva così a fondo in questa prima lettura, da scatenare così tante lacrime? L’affetto tra Antonia e il padre. L’affetto con la sua famiglia. Il fatto che Antonia vivesse in una gabbia dorata di cui non aveva del tutto coscienza e che “giocava” su questo. Attraverso le sue lettere scopro una ragazza che vive nell’illusione e nel sogno, rimanendo dilaniata tra le sicurezze familiari, le aspettative e la realtà tangibile. Senza l’appoggio di nessuno che la capisca intimamente.
Desidera e descrive nei suoi scritti una vita tarpata di moglie-e-madre, anche un po’ indigente se possibile, vedendosi eroina immolata ad un amore “stereotipato”, diremmo oggi. Ma siamo negli anni Trenta e se non sei moglie-e-madre, cosa sei? Eppure il germoglio della modernità già è presente e lei stessa, che vive tra lusso, crociere, opportunità rare per l’epoca di viaggi e studi all’estero, arrampicate in montagna con abiti maschili, viene ricordata oggi attraverso scatti che la mostrano una giovane donna attiva e contemporanea. Ma Antonia culla dentro se’ figli immaginari a cui rammendare calzini, avvolta in una visione di donna “offerta” alla famiglia e al focolare. Mentre leggo percepisco che si tratta di un progetto di vita che avrebbe abbandonato probabilmente subito avvenuto lo scontro con la realtà e questo l’istinto di Antonia lo sa. Infatti, quando è veramente il momento di decidere e sposare il fidanzato Antonello “non gioca più”.

Il rapporto padre-figlia è un argomento per me caldo, e anche la mia tendenza a illudermi, creare aspettative ed immolarmi. Sto facendo molti passi per equilibrare questa tendenza e trovarmela scritta davanti mi ha scatenato le lacrime. Quindi questa prima lettura mi ha fatto arrabbiare con Antonia e arrabbiare con me stessa. “Donarsi è abdicare alla propria personalità”: quanto ho lottato con questa idea? Ora la vedo finalmente superata, ma che dolore ritrovarla in Antonia.

Arriva il momento in cui la poetessa desidera scoprirsi e sottopone alcune composizioni al suo professore di tesi, l’emerito professor Banfi. Il verdetto è glaciale: il filosofo le fa intendere che i suoi scritti saranno più intensi “quando sarà veramente una donna”. Mi è terribile sostenere questa frase che risente della visione maschilista del tempo, ma ne riconosco dentro una parte di verità. Le poesie di Antonia, mai pubblicate in vita, saranno poi riscoperte da Montale che ne riconosce il valore (e chi meglio di lui…). Diventano apprezzate e io stessa le trovo dense di vita, mi muovono ad immagini e sentimenti profondi. Ma quello che mi chiedo è quanto fosse la lontananza tra quegli scritti e la persona confusa e fragile che il professor Banfi si trovava davanti. Quindi non trovo questa sua sentenza come una stroncatura, piuttosto un giudizio centrato ma dato in modo frettoloso e con parole “pesanti”. Antonia deve crescere. Ma non ci riesce.

“Non sono ancora rinata”. E’ nel vortice “dell’essere senza volontà e senza centro”, in una crisi sua e della società e del ruolo di donna di quegli anni. Con attorno a se’ tentativi di aiuto che in realtà sono tarpanti, egoistici, protettivi senza prospettiva. Ognuno in questa storia sta facendo il meglio che può con i propri mezzi, ma sarebbe servito un occhio esterno per interrompere certe dinamiche.

Chissà se la psicoterapia fosse stata in quegli anni una via percorribile (in realtà Freud già c’era stato e la famiglia avrebbe avuto le possibilità per permettersi questo tipo di percorso), chissà se l’avessero curata oggi (uso il termine “curata” perché mi sembra di intravedere dei meccanismi autodistruttivi, soprattutto verso la fine, che necessitavano di un vera e propria terapia). Chissà quanto ha influito una tesi su Madame Bovary? (quando ci penso mi si ghiacciano le vene… ma proprio quella tesi doveva scegliere? Nulla è per caso).
Come nel mio precedente incontro con la lettura de “Le otto montagne”, Cognetti mi irrita. Ammetto di non aver ancora riflettuto in profondità su questa sensazione a pelle che fa da campanello di allarme, ma mi irrita. Critico il fatto di sentire una sottotraccia giustificativa, un “poverina”, un “cattivi non l’hanno saputa capire”. Ma Antonia in quelle condizioni era già morta a prescindere. Ogni evento contrario alla sua divisione sogno/realtà sarebbe potuta essere l’occasione per il suicidio. Cognetti dipinge un padre oppressivo (mah?) tanto che la madre di Antonia, una volta vedova, sostiene che la figlia ha fatto “una scelta di libertà”. Come puoi sottilmente sostenere questa tesi? Non lo accetto.

La seconda lettura, più ragionata e lenta, mi ha agitato in modo turbolento, percependo nel libro tanta tensione, rabbia e dolore. Il suicidio è una violenza estrema sia verso di se’ che verso chi rimane. Provo pena e immensa tristezza per una potenzialità sprecata. Sono impotente davanti a questo atto. Anch’io sono “chi rimane”.
Sento che descrive il suicidio come una possibilità e non come un’azione irreparabile possa essere “pericoloso” in certe fasi evolutive, e sinceramente terrei lontana una giovane adolescente-donna in formazione da questo libro.

Recensione emotiva di “L’Antonia. Poesie, lettere e fotografie di Antonia Pozzi scelte e raccontate da Paolo Cognetti” – Ed. Ponte alle Grazie – 2021

Alcuni titoli di scrittura creativa per sbollire queste emozioni:

• I sogni son desideri aperti verso…
• Vivo o son dest*?
• Cara Antonia, ti scrivo…

Chi Sono

Ciao! Mi chiamo Silvana Ceruffi e sono appassionata di Bioscrittura e Libroterapia. Attraverso il mio blog desidero accompagnati alla scoperta di questo mondo meraviglioso, fatto di Parole Gentili che curano l'Anima.

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